giovedì 4 settembre 2014

AAA Scaleup Italiane Cercasi

Da quando la Commissione Europea ci ha posti alla guida di Startup Europe Partnership (SEP) stiamo guardando all’ecosistema delle startup da una prospettiva diversa: quella delle scaleup, ossia quel sottoinsieme di startup che sono state capaci di strutturarsi e sono pronte a fare il salto dimensionale (rimando a un post precedente per chi fosse interessato ad avere più dettagli sulla loro definizione).
Il motivo è semplice: un ecosistema di startup non può progredire se non è in grado di produrre imprese che crescono. Senza quelle (le scaleup, appunto), l’ecosistema è destinato a implodere e con esso a essere vanificati tutti gli sforzi e i risultati raggiunti in questi anni di lavoro. E sarebbe un grande peccato, perché tanto buon lavoro è stato fatto da parte di tanti.
È quindi giunto il momento di provare a testare il polso all’ecosistema italiano delle startup e a capire quante startup italiane sono state capaci di fare il salto di qualità per diventare scaleup. A ottobre, a Roma, in occasione del Matching Event di Startup Europe Partnership, presenteremo l’ultimo SEP Monitor (che riassume i risultati delle attività di Mapping di SEP, ne abbiamo pubblicato uno simile a giugno sulla Spagna, qui il link per il download).
Obiettivo: quantificare la parte maggiormente strutturata che sta emergendo dall’ecosistema italiano delle startup, identificando:
1) le scaleup, ossia quelle startup che producono fatturato o che hanno raccolto capitali da investitori. In via preliminare abbiamo identificato la soglia a mezzo milione di dollari (per chi fosse interessato qui un recente articolo che raccoglie il dibattito in corso sulle metriche);
2) le exit, ossia quelle startup che hanno completato la quotazione in borsa (IPO) o che sono state acquisite da altre aziende.
I dati che presenteremo non hanno l’ambizione di essere esaustivi (in quanto lo sforzo di mappatura che stiamo complendo a livello europeo è tuttora in corso). Tuttavia il contributo di tutti nell’indicarci nomi di startup che rispondono ai criteri indicati sopra è fondamentale per fornire un primo quadro ragionevolmente accurato.

Alberto Onetti, "La Silicon Valley", Corriere della Sera 

Scaleup : quando una startup diventa grande

Scaleup. Sono da un paio d’anni l’oggetto di discussione di una élite a livello internazionale che le identifica come la condizione affinché tutta l’energia innovativa e creativa che i vari ecosistemi di startup stanno generando non vada dispersa. Sherry Coutu lo scorso maggio a Brussels lo ha ribadito senza mezze misure: “E’ definitivamente tempo, anche in Europa, di spostare l’attenzione  dalle startup alle scalups”.
Ma, per fare questo, serve un terreno comune, ossia fare chiareza su quando una startup possa considerarsi cresciuta, ossia possa definirsi una “scaleup”.
In un articolo che ho pubblicato ieri sul sito di Startup Europe Partnership (iniziativa della Commissione Europea che ha come fine proprio quello di sostenere la crescita delle migliori startup europee) ho provato a fornire alcune indicazioni. Di seguito riassumo i punti principali.
Se si assume  – adottando lo stesso approccio che Steve Blank usa nel definire le startup – che le fasi di vita di una impresa siano, in gran parte, determinate dalla principale sfida che hanno di fronte, possiamo definire una scaleup come un “un’impresa operante in ambiti innovativi che vive una fase di crescita e di espansione e il cui sviluppo passa attraverso accordi strategici con grandi imprese“. Quindi i punti chiave che caratterizzano una scaleup (a differenza di una startup) sono crescita dimensionale e validazione di mercato.
Gli indicatori di riferimento per valutare una scaleup sono “copertura del mercato, fatturato, valore aggiunto e/o numero di dipendenti“. Fattori – va detto – non sempre di facile identificazione/reperimento se si ha a che fare con società non quotate, tanto che spesso si fa riferimento a proxy quali l’ammontare dei capitali raccolti.

Tale definizione è – come accennato-  in linea con quella di “startup” proposta da Steve Blank, che appunto identifica le startup come “progetti imprenditoriali in cerca di un business model scalabile”. Quindi la differenza tra startup e scaleup sta nel passaggio dalla ricerca di un business model (search phase) alla realizzazione del business model (execution phase).
L’idea che le scaleup rappresentino il passo successivo nel processo di evoluzione delle startup è confermata dal World Economic Forum che, in un recente report, ha identificato tre fasi: 1) stand-up 2) start-up e, appunto, 3) scale-up.
Va segnalato come l’esistenza delle scaleup discenda strettamente dalla presenza di un solido ecosistema imprenditoriale. Come ben segnala Brad Feld: “You have to have a vibrant ‘startup community’ to get to the point where you have enough interesting companies to ‘scale up’.”
Allo stesso tempo, per concretizzare le possibilità di crescita, le scaleup hanno bisogno di grandi aziende che possano fornire loro occasioni di crescita e di exit, sotto forma di acquisto/distribuzione di prodotti e servizi, investimenti e acquisizioni. Sono quei soggetti che definiamo scaler e che sono gli abilitatori della crescita delle scaleup. Quindi la presenza di grandi aziende all’interno dell’ecosistema favorisce la crescita delle scaleup (esempio tipico è la Silicon Valley), anche se le relazioni tra scaleup e scaler di solito hanno connotato internazionale e quindi possono avvenire anche al di fuori dell’ecosistema da cui sono fuoriuscite.
Ma quando una startup diventa una scaleup? Dopo aver validato le ipotesi alla base del proprio business model e quando è pronta ad avviare un percorso di crescita significativa, possibilmente esponenziale. Questo passaggio equivale al superamento della fase seed/early stage che, negli Stati Uniti in genere, è fatta coincidere con il Series A. Ossia “crossing the growth chasm”, riadattando l’espressione di  Geoffrey Moore’s  che,  auspicabilmente, dedicherà il suo prossimo libro alle scaleups.
La “lean methodology” ha aiutato tantissimo le startup nella ricerca  – in modo rapido, efficiente (ossia con investimenti limitati) ed efficace  – dei business model che potessero avere una chance di scalare.

di Alberto Onetti, "La Silicon Valley", Corriere della Sera 

La Parabola del Professore e del barattolo

Un professore, davanti alla sua classe di filosofia, senza dire parola, prende un barattolo grande e vuoto e lo riempie con delle palle da golf. Dopo chiede agli studenti se il barattolo è pieno. Gli studenti sono d’accordo e dicono di si. Allora il professore prende una scatola piena di palline di vetro e le versa dentro il barattolo. Le palline di vetro riempiono gli spazi vuoti tra le palle da golf. Il professore chiede di nuovo agli studenti se il barattolo è pieno e loro rispondono di nuovo di si.
Il professore prende una scatola di sabbia e la versa dentro il barattolo. Ovviamente la sabbia riempie tutti gli spazi vuoti e il professore chiede ancora se il barattolo è pieno. Anche questa volta gli studenti rispondono con un si unanime. Il professore velocemente aggiunge due tazze di caffè al contenuto del barattolo ed effettivamente riempie tutti gli spazi vuoti tra la sabbia. Allora gli studenti si mettono a ridere… A questo punto il professore spiega:“Voglio che vi rendiate conto che questo barattolo rappresenta la vita… Le palle da golf sono le cose importanti come la famiglia, i figli, la salute, gli amici, l’amore, le cose che ci appassionano. Sono cose che, anche se perdessimo tutto e ci restassero solo quelle, le nostre vite sarebbero ancora piene. Le palline di vetro sono le altre cose che ci importano, come il lavoro, la casa, la macchina, ecc… La sabbia è tutto il resto: le piccole cose. Se prima di tutto mettessimo nel barattolo la sabbia, non ci sarebbe posto per le palline di vetro né per le palle da golf. La stessa cosa succede con la vita. Se utilizziamo tutto il nostro tempo ed energia nelle cose piccole, non avremo mai spazio per le cose realmente importanti. Fai attenzione alle cose che sono cruciali per la tua felicità: gioca con i tuoi figli, prenditi il tempo per andare dal medico, vai con il tuo partner a cena, pratica il tuo sport o hobby preferito. Ci sarà sempre tempo per pulire casa, per tagliare le erbacce, per riparare le piccole cose…Occupati prima delle palline da golf, delle cose che realmente ti importano. Stabilisci le tue priorità: il resto è solo sabbia”. Uno degli studenti alza la mano e chiede cosa rappresenti il caffè. Il professore sorride e dice:“Sono contento che tu mi faccia questa domanda. E’ solo per dimostrarvi che non importa quanto piena d’impegni possa sembrare la vostra vita: c’è sempre posto per un paio di tazze di caffè con un amico!”.