sabato 30 marzo 2013

Le ricette tipiche: insalata di valeriana pere noci e formaggio

Questo tipico antipasto, fatto da ingredienti estremamente semplici, trova posto nei più raffinati menù. Eppure trae origini dalle più semplici cucine ciociare, con i suoi ingredienti facilmente reperibili. L'abbinamento agro-dolce, tra l'amaro delle noci e della valeriana, il dolce della pera e il salato del formaggio da origine ad un antipasto veramente gustoso e particolare.
Ingredienti x 4 persone:
- 2 pere Abate
- 150 gr di noci
- 200 gr di formaggio di pecora
- 300 gr di valeriana
- sale, olio evo q.b.

Procedimento:
Lavare la valeriana e metterla in una scodella, poi conditela con sale e olio. Sbucciate le pere, fatene dei cubetti ed aggiungetele all'insalata con le noci. Poi tagliate il formaggio (di pecora, bassa stagionatura) a striscioline ed aggiungetelo all'insalata. Mescolate il tutto ed aspettate almeno 10 minuti prima di servire.

La ricetta come vedete è estremante facile. Una semplice insalata ma dalle grandi soddisfazioni.
Ottima da servire con la carne alla brace o come antipasto.
Possono essere variati i tagli: sia le pere che il formaggio possono essere tagliati alla julienne, a striscette (1x3 cm) oppure a fette (tipo toast). Esistono delle varianti con il formaggio morbido e il gorgonzola.
A discrezione l'insalata può essere condita con pepe e cannella.

Buon Appetito!!!



di Angelo Cervi 

venerdì 29 marzo 2013

I dolci tipici: le ciambelline al vino

Dolce basilare e semplice della tradizione ciociara: le ciambelline al vino. Estremamente facili da fare, ingredienti presenti in ogni tinello. Numerose varianti nell'ingrediente caratterizzante, il vino e la fantasia delle sue forme fanno diventare questa ricetta un puro divertimento.
Questo dolce faceva parte della cesta tipica che si offriva ai matrimoni, in cui si componevano buffet a base di sole ciambelle dolci e salate.
La ricetta di seguito è quella classica e basta per 50 ciambelle.
Ingredienti:
- 1 bicchiere d'olio evo
- 1 bicchiere di vino bianco
- 1 bicchiere di zucchero
- 1/2 bustina di lievito
- farina 00 q.b.

Per la glassa:
- acqua tipida
- vino bianco
- zucchero di canna

Procedimento:
Mettere in una scodella vino e zucchero e mescolare bene per 2/3 minuti. Aggiungere l'olio, mescolare, e cominciare ad aggiungere la farina. Appena il composto non sarà più liquido, spostatelo su una tavolozza e cominciate ad aggiungere la farina, ammassando il panetto.
Quando il composto sarà omogeneo (circa 10 minuti di ammasso) mettetelo a riposare a temperatura ambiente per circa 30 minuti (il panetto dovrà sembrare unto).
Ora infarinate la tavolozza, fate piccole strisce al panetto e cominciate ad allungare la pasta a modo di cilindro (diametro 1 cm) e formate le ciambelline.
Fatte tutte le ciambelle procurate una pinza, e prendendole con cura affondatele al vino (con un po di acqua tiepida) e poi nello zucchero così che si ci attacchi.

Mettetele in una teglia e cuocete il tutto a 180° finché non saranno ben colorite (15 minuti circa).

Come detto questa ricetta è molto sfiziosa. Non solo perché la pasta molto malleabile può adattarsi ad ogni forma e fantasia ( a forma di treccia, listelli, biscottoni)  ma perché le varianti del vino offrono stuzzicanti iniziative.

Per esempio al posto del vino bianco (buono un Cesanese DOC) può essere usato: vino rosso (anche un Caberbet DOC della Val di Comino), rattafia, limoncello (consigliato), moscato, spumante, sidro e perfino sambuca.

Insomma ogni tipo di bevanda alcolica dalla bassa gradazione, purchè molto aromatica.

Se risultano troppo pesanti evitare la glassa e sostiuite agli ingredienti lo zucchero a velo e l'olio di semi.

Le ciambelline sono ottime da accostare a passiti e vini liquorosi.
Risultato eccezionale, ricetta semplice e dal gran sapore.

di Angelo Cervi

mercoledì 27 marzo 2013

I dolci tipici: la pigna

Nel periodo di Pasqua, dolce immancabile nella cucina ciociara è la pigna. Dolce semplice ma molto aromatico, si conserva a lungo e richiede grande pazienza ed attenzione nella sua preparazione.
Necessita di ben 3 lievitazioni, ma il suo risultato è eccezionale.


Ingredienti:
- 2 kg di farina 00
- 200 ml di olio evo
- 30 gr di lievito di birra (un cubetto)
- 100 ml di latte
- 6 uova
- 300 gr di zucchero
- cannella, anice, vanillina a piacere
- 50 ml di rum e/o sambuca
- canditi a piacere

Per la decorazione:
-un albume d'uovo
- zucchero a velo

Mettere in una bacinella 3/4 del lievito, 500 gr di farina, il latte ed acqua tiepida fino a raggiungere un composto molto morbido. Lasciar lievitare il tutto in un luogo caldo finché il composto non sarà raddoppiato (circa 4 ore).

Prendete ora il panetto ed aggiungete l'olio, le uova, lo zucchero, 1/4 del lievito e la farina (q.b.) fino a raggiungere un composto morbido. Aggiungere gli aromi, rimpastare 2 volte, e lasciate lievitare questo composto in luogo caldo finché non sarà raddoppiato (circa 4 ore).


Ora prendete la pasta ed adagiatela in una teglia imburrata. Si dovrebbero ottenere 2 pigne. Fate lievitare nuovamente (2 ore) ed infornate a 170° per un ora circa (finché lo stecchino non sarà asciutto). State attenti perché la superficie brucia facilmente.


Fate raffreddare e copritela con la glassa ( gl 'naspr), che dopo aver mischiato l'albume e lo zucchero, vi si adagia sulla superficie, mettendo a piacere confettini colorati.

Questa è una ricetta molto variabile, che cambia molto spesso e che ognuno deve adattare ai propri gusti. Più o meno dolce, con o senza aromi, a forma di ciambella o a torta.

I bambini la adorano con la nutella. Se non ci mettete lo zucchero può essere usata come torta salata!

Facendo delle piccole ciambelle si ottengono le famose ciambelle ricresciute. Buon appetito :)



di Angelo Cervi

Le bevande tipiche: la rattafia

La tradizione della cucina povera ciociara ha portato fino a noi un particolare liquore: la rattafia. Gusto dolciastro e fruttuoso, caratterizzato dal vino e dalle visciole. Si prepara in estate, con il sole e con la maturazione delle amarene. Le visciole (amarene) è una particolare specie di ciliegia selvatica, dal colore rosso chiaro, amara ma dal retrogusto dolce della ciliegia. E' molto comune nelle nostre terre poiché il suo albero resiste maggiormente al freddo, rispetto al ciliegio, che è più fragile.


Ingredienti:
- 5 kg di visciole
- 5 kg di vino rosso 
- 150gr di zucchero
- 1 L di alcol 90°

Procedimento: 
Sciacquate le amarene, snocciolatele e ponetele in una damigiana o contenitore di vetro da 10 L, aggiungete il vino, chiudete ermeticamente il vaso e lasciatele macerare al sole d'estate per 40 gg. 

Dopo i 40 gg scolate il tutto ed aggiungete lo zucchero e l'alcol alla parte liquida. Lasciate riposare il tutto per un altro mese e poi travasate in bottiglie da 1 L. 








Ottimo liquore da accostare con dolci tipici come susamelli o lessatelle. 

Il corpo delle visciole scolate può essere riutilizzato a breve termine in particolari crostate (con pasta frolla e crema pasticcera).

Esiste anche una variante di questo liquore fatto con le foglie dell'albero di visciole. 

Ingredienti: 
- 500 foglie di albero di visciole 
- 5 L di vino rosso 
- 500 gr di zucchero
- 2 L di alcol 90°

Procedimento:
Lavate le foglie e lasciatele macerare al sole con il vino per 20 gg. Scolate il tutto e fate bollire la parte liquida con lo zucchero per 5 minuti. Aggiungete l'alcol, travasate nelle bottiglie e lasciate riposare per un altro mese.

Anche questa variante ho lo stesso aroma del suo frutto.

 La gradazione alcolica di entrambi può essere moderata a seconda dell'aggiunta di alcol e zucchero.

Provatele, sono ricette molto semplici!!!

di Angelo Cervi




venerdì 15 marzo 2013

I prodotti tipici: la mozzarella di Amaseno

Nell'olimpo della gastronomia Ciociara non poteva mancare la mozzarella di bufala di Amaseno.
Questo prodotto, molto rinomato, è un fiore all'occhiello della provincia vista la grande importanza che ha acquisito nonostante la ben nota mozzarella campana che viene prodotta a poche decine di kilometri. Nonostante il grande confronto che si è trovata davanti, la bufala di Amaseno ha conquistato un ottima posizione nel mercato dei latticini del basso Lazio. 

Proprio ad Amaseno vi sono più allevamenti di questo bovino che può vivere allo stato selvatico e domestico. Sono animali che sentono un bisogno continuo di acqua, per questo amano stare nei canali e vengono prevalentemente allevati in luoghi palustri. Le tecniche di allevamento della bufala hanno subito nel tempo notevoli trasformazioni, sia strutturali che organizzative, che hanno portato a una loro razionalizzazione . si è passati dall'allevamento di tipo estensivo a quello in stalla che, pur limitando lo spazio a disposizione dell'animale, è in grado di assicurarne i fabbisogni nelle diverse fasi produttive.

Il latte bufalino ha sapore dolce e colore bianco opaco. Le principali differenze di natura chimica e fisica tra il latte bufalino e quello vaccino sono rappresentate dal contenuto in grasso e in proteine, caratteri, questi, fondamentali per la caseificazione. Per questo motivo la mozzarella di bufala acquisisce un sapore più intenso.
La mozzarella di bufala perciò è un formaggio a pasta filata fatto al 100% con latte di bufala. Il termine deriva dal verbo "mozzare," che significa tagliare, facendo riferimento alla fase finale del processo di lavorazione, quando la cagliata viene "mozzata" dalle mani sapiente del mastro casaro per darle la caratteristica forma.

di Angelo Cervi

giovedì 14 marzo 2013

I prodotti tipici: la "zazzicchia" di Patrica

Nel cuore della Ciociaria, a Patrica precisamente, nasce un prodotto tipico molto importante. 
La salsiccia di Patrica è apprezzata per la qualità delle carni, per l'accuratezza della sua scelta e per la ricercatezza dei suoi ingredienti che ne fanno un prodotto di assoluta eccellenza gastronomica. 



Questo prodotto denominato nel dialetto di Patrica "zazzicchia" ha antiche origini, fino al 1912, grazie ad una ricetta tramandata di padre in figlio. Nello specifico venivano aggiunti alla carne: il finocchietto selvatico dei monti Lepini, le bucce d'arancia, il peperoncino e l'aglio. Grazie alla giusta proporzione di queste spezie, alla cernita delle giuste carni magre e grasse, all'asciugatura eseguita con i camini, alla stagionatura nelle fresche cantine scavate nella roccia, e all'amore che i produttori impiegano nel curare ogni passaggio, questa salsiccia   acquisisce un sapore molto gradevole, inconfondibile, fatto di toni e sfumature tipiche del gusto vero dei salumi.


Ad oggi la storica salsiccia entra nel patrimonio gastronomico della Ciociaria, anche se prodotta con i mezzi moderni, mantiene tutti gli accorgimenti fedeli all'antica ricetta. 

Fonti: http://www.zazzicchiadipatrica.it/


di Angelo Cervi 

I funghi dei boschi ciociari

Le numerose zone boschive della Ciociaria ed il clima favorevole a questo tipo di terra favoriscono la nascita di numerose qualità di funghi. 
I rinomati porcini, molto profumati e gustosi, trovano spesso spazio nei numerosi ristoranti tipici e nelle tavole domestiche. Vengono preparati nelle modalità tradizionali, come salsa sulle pappardelle all'uovo o sulla carne di vitello. 
 Pappardelle ai porcini 

Largo consumo trovano anche i caratteristici "chiodini" o "famigliole", funghi molto comuni che possono trovarsi  nei pioppeti lungo i corsi d'acqua. Non sono un prodotto pregiato, ma serviti come antipasti o come contorni possono rivelarsi molto stuzzicanti.vengono spesso usati per accompagnare i secondi. Basta rosolare i chiodini in padella con olio, aglio e un pizzico di peperoncino, e servirli tiepidi con le salsicce o altre carni di maiale. Simili e sempre molto reperibili sono i "galletti" piccoli funghi dalla cupola schiacciata che si trovano sotto le querce.
 Funghi chiodini

Troviamo poi i prataioli, che crescono in montagna o sui pascoli dei bovini, molto usati per condire le polentate nei mesi freddi.
Ovviamente tutti questi funghi posso essere conservati a lungo con il metodo sotto olio e sotto aceto. 
Mi raccomando: quando acquistate i funghi siate prudenti, affidatevi a prodotti da banco certificati o a raccoglitori esperti. 







                                                 
Abbinamento vini:
- Per i porcini, in caso di cottura veloce usate un Cabernet bianco DOC di Atina, in caso di cottura prolungata uno spumantino millesimato. 
- Per i chiodini usate un vino non troppo aromatico come il "Passerina" IGT o comunque un vino che non copra il sapore. 
- Per i prataioli, soprattutto con la polenta, usate un vino rosso come il "Cesanese del Piglio" DOG del 2010.


di Angelo Cervi  

mercoledì 13 marzo 2013

Le ricette tipiche: fagioli in pignatta


Quella che vi propongo è una ricetta estremamente tipica, particolare nella sua preparazione ma dalla bontà assicurata. Ovviamente useremo ingredienti tipici della Ciociaria, ingredienti per lo più poveri, con una cottura particolare. 

Per la preparazione:
-una pignatta di ceramica da almeno 2 L
-un camino o un forno a legna


Ingredienti: 
- 400 gr fagioli cannellini di Atina
- 1 spicchio di aglio rosso di Castelliri
- 2 salsicce di cotechino
- 1 foglia di salvia
- 4 cucchiai di passata di pomodoro
- 4 fette di pane di farina gialla
- sale, pepe nero, olio extravergine di San Donato

Procedimento: 
Mettete i fagioli cannellini secchi a bagno nell'acqua fredda. Dopo 24 ore mettete i fagioli nella pignatta. Nel frattempo sbollentate le salsicce, sbriciolatele ed aggiungetele nella pignatta insieme alla salsa di pomodoro, salvia e aglio schiacciato, aggiungendo poco olio extravergine, poco sale e pepe.
 A questo punto verso circa 500 ml di acqua fredda fino a ricoprire il tutto.

Posizionate la pignatta vicino al fuoco (30 cm) , tenendola sollevata su un piccolo treppiedi, e coprite con un piattino.
Lasciate cuocere per 2-3 ore, girando ogni tanto con un mestolo di legno, aggiungendo se serve di tanto in tanto un po' di acqua calda, e assaggiando la cottura degli ingredienti.
I tempi di cottura variano molto a seconda della distanza dal fuoco, dal tipo di cannellini che usate  e a seconda del tempo di ammollo. Regolatevi voi.
Tostate il pane alla brace. Adagiate i fagioli in un piatto cavo sopra il pane tostato, regolate di sale e macinate a discrezione il pepe, aggiungendo un filo di olio extravergine a crudo.
Accompagnate il tutto con un buon bicchiere di Lambrusco. 

di Angelo Cervi

Le bevande tipiche: la sambuca

Fiore all'occhiello della Ciociaria, prodotto di fama internazionale, è la sambuca. Liquore dolce, la cui base essenziale viene realizzata con anice stellato e successivamente elaborata tramite l'uso di varie erbe naturali in numero variabile, che fungono da agenti aromatizzanti del liquore stesso.

La ricetta originale della Sambuca trae probabilmente origine dalla tradizione erboristica Certosina un tempo nota per le bevande alcooliche e per i preparati medicamentosi. Alla nota Certosa di Trisulti infatti il padre cappucino Paolo Sarandrea, alla fine della seconda guerra mondiale, volle approfondire lo studio di varie qualità erbe adatte per la produzione di liquori in virtù della sua passione per gli studi di erboristeria; la laboriosa e proficua conoscenza erboristica di Paolo uniti all'intraprendenza del fratello Marco diedero vita a Collepardo (FR) in collaborazione con i monaci della Certosa di Trisulti ad una distilleria per la creazione di liquori medicinali e non solo, che ebbe moltissime riconoscenze nel campo tale da diventare con Papa Giovanni XXIII la ditta fornitrice dello Stato Vaticano.

 Da trattati originali e documentazioni antiche sembra che l'originale ricetta del Liquore Sambuca prevedeva l'uso di alcool, d'acqua di sorgente dei Monti Ernici, zuccheri ad alta solubilità e diverse combinazioni di anice stellato e distillato di fiori di Sambucus Nigra ma è da evidenziare, con un certo vanto per la nostra terra ciociara, che quasi certamente la ricetta originale del liquore è opera della tradizione erboristica della Certosa di Trisulti e dei fratelli Sarandrea.
 La base della sambuca è costituita dagli oli essenziali ricavati dalla distillazione a vapore di anice stellato (e/o anice verde) e finocchio. Tali ingredienti, attraverso la distillazione, conferiscono al liquore un forte profumo di anice. Contiene anche estratti di fiore di sambucus bianco dal quale deriva il nome, nonché in alcune preparazioni, finocchietto selvatico, timo, menta piperita e genziana. Gli oli così ottenuti vengono poi macerati e infusi in alcool allo stato puro il tutto addizionato da una soluzione concentrata di zucchero e altri aromi naturali.
 La sambuca è quindi un liquore dolce e vellutato, dalla consistenza densa e oleosa, dai sapori intensi e delicati con gradazioni basse e molto forti e dall'aspetto assolutamente trasparente e incolore. Al contatto con il palato rimane liscia con sprazzi arcigni.
Fu uno dei primi lussi che i contadini si potettero cincedere: aldilà del vino, le amare grappe fatte in casa, questo fu un prodotto che si diffuse molto presto nelle campagne del dopoguerra visti i suoi bassi prezzi dovuti al vicino e diretto trasporto. 

di Angelo Cervi 



Gli arnesi: la conca

Girando nelle campagne ciociare, poste come porta ombrelli ,poste sulle credenze come porta fiori o come vero e proprio oggetto d'arredo, troverete una conca di rame. Imponente casseruola stretta in vita, con due eleganti manici,  fatta interamente in rame, che le donne usavano una volta per portare l'acqua dal fontanile a casa.

Proprio le donne hanno un attaccamento maniacale a questo arnese: perché lo ponevano sopra la propria testa, con dei strofinacci arrotolati a modo di ciambella, portando così fino a 10 litri d'acqua. Quell'arnese, incubo delle loro schiene, è oggi per loro simbolo della fatica fatta, e proprio per la grande mole di lavoro che hanno condiviso ne sono particolarmente legate.

La conca di rame è un notevole prezzo pregiato dei mercatini: il loro prezzo (per la conca classica di 27/33 cm) non è mai più bassodei 150€ e se in buone condizioni può raggiungere anche i 300€. Ma se proverete ad acquistarlo da quelle donne che l'hanno usata, la loro conca non avrà prezzo.
E' un manufatto in rame, senza saldature e fusioni, non è uno stampo ne una colata: è intermanente ricavato da un blocco di rame battuto con il martello, fino ad ottenere la forma classica. Un ramaio (mestiere quasi  estinto, anche se qualcuno ancora le produce) ci impiegava quasi 2 giorni interi per crearla.
E' un oggetto simbolo perchè era in ogni casa, e senza di lei non si aveva acqua. Facile pensare oggi che non sia utile avendo l'acqua corrente a casa, ma pensate se tutta l'acqua usata in un giorno bisognava trasportarla sulla propria testa da un fontanile fino alla propria abitazione. Una conca la mattina per lavarsi...una pranzo per cucinare e lavare i piatti...una la sera per cenare e di nuovo lavarsi!
A volte su di esse si trovano anche dei disegni, sempre scolpiti, maioliche ma anche sequenze e gigli nei quali i ramai a discrezione  si dilettavano e si improvvisavano artisti.
Inseparabile arnese accompagnato è "i maner" il coppino, il mestolo usato per prendere l'acqua da essa. Anche questo realizzato dai ramai a mano in rame, composto da un manico che gli veniva fuso e chiodato.

Quindi se vedete questa antica tina in qualche cantina o cucinino dei vostri genitori o nonni riportatela alla luce, con semplice aceto e sale, e ponetela nei vostri arredi. E' un oggetto simbolo di una tradizione importante ma soprattutto della cultura di una generazione fondata sul lavoro nei nostri campi.

di Angelo Cervi


La Ciociaria e la sua essenza

"Miniera d'oro" questa l'espressione usata da alcuni imprenditori agricoli arrivati dalla Campania nelle nostre terre. Fra queste colline che ricordano l'Umbria, fra quei casolari che ricordano la Maremma c'è una terra ricca, miniera di bontà semi sconosciute che ancora devono venire alla luce. Le nostre pepite non vivono nella roccia, ma crescono dalla terra, non vengono lavorate nelle oreficerie, ma preparate nei nostri tinelli. Vorrei avere le ali per vagare ogni sera sui tetti della Ciociaria, per calarmi sui coppi dei casolari, affacciarmi dalle finestre e mettendo il naso alle fessure...sentire le bontà che le massaie preparano per la famiglia. Un viaggio gastronomico per la Ciociaria è quello che vi propongo: una girandola di emozioni per il palato, di storie e tradizioni, di segreti e cultura.

Per iniziare diciamo cos'è la Ciociaria. E' quel lembo di terra che si espande per tutta la provincia di Frosinone, nel basso Lazio a 100 Km da Roma, una volta facente parte di Terra di Lavoro (provincia realmente esistita fino al 1927). Le sue terre sono variegate: dai terreni ferrosi delle colline appenniniche fino alle terre cretose delle pianure. Venti caldi dal Pontino, e venti freddi dalle catene dei Monti Ernici. Sole e pioggia, queste terre si offrono per ogni tipo di coltura, viste le sue plurime sfaccettature, si adatta ad ogni iniziativa contadina.


Ciò che più ha nutrito queste terre però non è stato ne il terreno, ne le piogge: è stato il sudore dei suoi contadini, non nel senso chimico, ma nel senso culturale. Tutte quelle schiene doloranti, che negl'anni hanno zappato le terre hanno contribuito a portare  avanti una storia di gusto e sapore, e se oggi le migliori ricette sono arrivate a noi è solo grazie a loro. I contadini. Hanno portato avanti con il sudore le antiche ricette ed oggi non possiamo che apprezzarle.


 










I prodotti della terra, le lavorazioni, le ricette della cucina...è tutto un mondo da assaporare!

di Angelo Cervi